Intelligenza emotiva

Intelligenza emotiva, cos’è e perché può renderci felici e migliori.

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Se vuoi cambiare lavoro, preparati: l’intelligenza emotiva è ritenuta dal World Economic Forum come una delle 10 componenti essenziali richieste dagli head hunter. Uno studio di Workplace Trend, infatti, dimostra come chi ricerca talenti da assumere nella propria impresa presti molta attenzione alla presenza di questa qualità nel 34% dei casi.

Non solo: hai mai avuto una tachicardia o sofferto di una gastrite? Potrebbero essere state causate  o aggravate dal mancato ascolto delle tue emozioni.


Lo dice la scienza, lo dicono le ricerche scientifiche. Ho scoperto un dato che mi ha impressionato, rileggendo e approfondendo alcuni articoli scientifici prima di scrivere questo piccolo contributo: ogni giorno viviamo più di 500 esperienze emotive, ma ci accorgiamo solo di una minima quantità di esse. E tuttavia ogni esperienza emotiva lascia il suo segno, originando una reazione. Tralasciando le ultime parole del terzo principio della termodinamica: “A ogni azione corrisponde una reazione…”.


Quando parliamo di intelligenza emotiva affrontiamo la naturale e vera essenza dell’essere umano, perché, come l’ha definita Daniel Goleman nel 1995, essa è “la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli altrui, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente quanto nelle relazioni sociali”. Quindi la capacità di ognuno di ascoltare e identificare le proprie emozioni, riuscendo a controllarle, provando inoltre una profonda empatia con il prossimo. Non sarebbe incredibile se tutti noi riuscissimo a comprendere lo stato d’animo di un amico, un parente, del proprio figlio o anche di uno sconosciuto? 


Ho una piccola (o immensa se non la conosci) sorpresa per te: lo facciamo già inconsciamente, almeno in parte. Hai mai sentito parlare dei “neuroni specchio”?

Si tratta di una classe di neuroni che è stata individuata nei primati, nelle scimmie e in alcuni uccelli. Nelle scimmie sono stati localizzati nella circonvoluzione frontale inferiore e nel lobo parietale inferiore. Questi neuroni sono attivi quando le scimmie compiono certe azioni, ma si attivano anche quando esse vedono compiere da altri le stesse azioni. La loro scoperta ha dimostrato in pratica una reale sincronia tra azione e osservazione.


Due equipe tutte italiane a cavallo degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso hanno appurato l’esistenza di meccanismi analoghi anche nell’essere umano. E in quanto italiani è giusto esserne orgogliosi. Vogliamo fare i nomi di questi scienziati? Giacomo Rizzolatti, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese, Giuseppe Di Pellegrino, Giovanni Pavesi. Questo team di persone è riuscita a dimostrare qualcosa di sensazionale: i neuroni attivati dall'esecutore durante l'azione (qualsiasi essa sia) sono attivati anche nell'osservatore della medesima azione.

Ti sei mai chiesto perché molte persone provano un senso di piacere a osservare gli altri scartare i propri regali? Adesso hai la risposta.


Voglio darti anche un elemento in più, perché mi ha colpito moltissimo. I neuroni specchio sono attivati anche nei portatori di amputazioni, nonché in soggetti ipovedenti o ciechi: per esempio basta il rumore dell'acqua versata da una brocca in un bicchiere per l'attivazione, nell'individuo cieco, dei medesimi neuroni attivati in chi esegue l'azione del versare l'acqua nel bicchiere.

Come vedi, il nostro cervello osserva attentamente gli altri e decodifica ciò che accade con acuta precisione. L’intelligenza emotiva, quindi, deve per forza essere qualcosa che va molto oltre il semplice “cercare di essere gentili o responsabili” e giusto per sfatare subito un mito: non esiste alcuna dimostrazione che gli individui femminili sviluppino maggiore empatia e capacità di comprensione dell’altro di quelli maschili. Non è una questione di genere.


Conoscere se stessi è importantissimo, come ho provato a sottolineare già altre volte in questi articoli: discernere le proprie emozioni e comprenderne l’origine ci aiuta a mantenerle sotto controllo, a decidere quando e come esprimerle, ci induce a una forte Autoconsapevolezza. Attenzione a non scambiarla con una forzatura, come quella che spesso viene insegnata ai bambini maschi dicendo: “non piangere, gli uomini non piangono”. Che, tra l’altro, è assolutamente il contrario: se il bambino reprime quella sensazione e si costringe a non piangere, la stessa forza verrà espressa in un qualche modo non positivo, probabilmente rabbioso. Sembra proprio la termodinamica applicata alla consapevolezza di sé.


Come per riuscire a dare amore ad un’altra persona devo prima essere innamorato di me stesso, ecco che anche l’intelligenza emotiva parte, quindi, dal conoscere se stessi e dalla capacità di Autogestione. Per controllare ciò che stiamo provando non è sufficiente dire: “sono triste”, è necessario risalire al perchè, alla radice della nostra tristezza. Questo ci aiuterà anche a controllare la sensazione e allo stesso tempo potrebbe proiettarci nella dimensione della Consapevolezza Sociale. Forse altri stanno provando ciò che provo io. Oppure: cosa starà provando adesso il mio interlocutore e se riesco a comprenderlo, come posso migliorare la sua situazione attuale?


Una domanda che ci porta a lavorare in maniera più efficace con gli altri e, quindi, a una migliore Gestione delle Relazioni


Pensa al tuo rapporto di coppia, all’apprendimento scolastico dei tuoi figli, alla motivazione che le azioni e le parole giuste possono portare in un’azienda… pensa solamente agli infermieri e ai medici che svolgono i propri lavori con dedizione: quanto li aiuta la comprensione dell’ansia, dello stress, della preoccupazione, dei pensieri del paziente?

Lo sapevi che una decisione di business guidata da un manager dotato di profonda intelligenza emotiva potrebbe portare a risultati superiori del 20% degli altri?


Per quanto sia vero che l’intelligenza emotiva (o quoziente emozionale) non sia misurabile scientificamente (esistono dei test, che però sono criticati da parte della comunità scientifica) abbiamo visto numerosi motivi per cui è importate riuscire a svilupparla. Ma come?


Come sviluppare l’intelligenza emotiva

In primo luogo chiediamoci come ci sentiamo e se abbiamo davanti una emozione “difficile” perché negativa o perché quasi incomprensibile, chiediamoci quando abbiamo provato una sensazione simile. Questo potrebbe aiutarci a collegare le emozioni con i pensieri ricorrenti, con quelle paure che talvolta ci attanagliano, arrivando a esprimersi anche attraverso i nostri organi. Di conseguenza, ascoltiamo anche loro. I segnali che ci esprime il nostro fisico sono assolutamente importanti per capire e gestire meglio il nostro bagaglio emotivo. 


Impariamo a osservare meglio i segnali sociali, cerchiamo di percepire e leggere al meglio la comunicazione paraverbale o non verbale degli altri. Hai mai visto “Lie to me”? Quanto ti aiuterebbe avere quel tipo di abilità? Sicuramente ti aiuterebbe a metterti nei panni dell’altro e prendere in mano le situazioni, con atteggiamenti chiari, inequivocabili e spesso risolutivi. 

Ed infine due consigli: leggi molti libri e dedicati del tempo praticando la meditazione. Sono consigli di alcuni recenti studi canadesi, ma anche ottimi spunti per vivere meglio.









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