Ma cos’è il coaching?

Il coaching professionale è molto di più della traduzione di un termine, provo a descrivertelo con il tennis di Serena. [T. lettura 2 min.]

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Sono un coach, il mio lavoro è il coaching.

Già, ma cos’è il coaching, mi chiedono spesso le persone, sei un trainer sportivo, ti occupi di uno specifico lato professionale delle aziende, o… cosa?
La traduzione letterale di “coaching” in italiano, “istruire, dare lezioni, etc.” non rende giustizia alla parola, per cui partirò da un esempio.

Serena Williams, campionessa di tennis, un mese fa, precisamente sabato 8 settembre (2018) è stata colpita da una penalità durante la finale femminile degli US Open. La sua penalizzazione è derivata da una comunicazione visiva avuta con l’allenatore (proibita nel Grande Slam), valsa ad infrangere la regola del “coaching”.

No, la mia azione non consiste nel comunicare visivamente con gli sportivi (o almeno non solo!) e non sono un tecnico in senso stretto, ma piuttosto seguo il benessere di una persona, lo sviluppo delle sue abilità (skills), tracciando domande potenti e delineando obiettivi da conquistare.

Ma torniamo un attimo sul campo. L’attuale Dalai Lama ha detto una volta: “Quando perdi , non perdere la lezione” e qui, abbiamo un “modello” che è davvero istruttivo.
Serena Williams ha ricevuto due ammonizioni e poi due penalizzazioni, la prima di un punto e la seconda di un intero “game” (dovuta alle forti proteste).
Il comportamento puntiglioso dell’arbitro le ha probabilmente fatto saltare nervi e concentrazione, tirando fuori una forte energia, incanalata, purtroppo in maniera non costruttiva, accusando il giudice di sessismo.

La ex numero 1 del panorama tennistico mondiale, la più vincente di sempre, stava rimontando una situazione difficile e proprio nel momento della sua elevazione è scivolata. Nella sua ultima arrabbiatura contro Ramos (l’arbitro), è uscita mentalmente dal rettangolo di gioco, portando una sessione sportiva su tutt’altro livello, parlando di questione di genere (“se fossi stata un uomo non mi avresti punito”).
Non è mio interesse qui discutere se esistano differenze sessuali nello sport, mi interessa sottolineare come dopo aver smarrito completamente la dimensione della partita, Serena Williams abbia perso. Cosa sarebbe successo se fosse riuscita a sfruttare quella carica per mostrare a tutti di cosa è realmente capace?

Citando ancora Tenzin Gyatso: “Il vero eroe è colui che vince la sua rabbia e l’odio”.

Fare il coaching professionale, in ambito aziendale, manageriale, emozionale, genitoriale (e molto altro) significa esattamente questo. Aiutare l’individuo (il coachee) a conoscere e svelare i propri limiti e le proprie potenzialità, per riuscire a dare aria e spazio alle abilità, fortificandole, allenando se stessi ad essere coerenti con la propria personalità, valorizzando i propri strumenti al massimo, per vincere e raggiungere i propri traguardi.

Nessuno può fingersi a lungo ciò che non è. Per cui tanto vale cercare di imparare da John McEnroe, per restare tra le racchette. Hai mai visto un suo incontro? Forse il campione non poteva fare a meno di essere irascibile, era quasi un contestatore professionista, anche sull’erba verde di Wimbledon. Ma conosceva talmente bene i propri lati spigolosi da trasformare una negatività in una risorsa: lui continuava ad arrabbiarsi, sfruttando l’eccessiva esuberanza per deconcentrare l’avversario. Una racchetta spaccata può valere un incontro vinto, senza voler sminuire il suo immenso talento.

In quell’allenamento quotidiano che è la vita, in quel tracciato che a volte somiglia all’arena centrale degli US Open, avere un coach al tuo fianco può cambiare la visione, mutando il tuo atteggiamento verso le nuove sfide.

Accettati per quello che sei e diventerai ciò che vuoi essere.

Ognuno di noi è un cosmo di infinite bellissime variabili, con esaltanti qualità e alcuni punti deboli da imparare a sfruttare come risorse.
Ecco, forse stai già pensando a come possa essere utile, a volte ribaltare la prospettiva.
Questo fa il coach, questo è il coaching come insieme di tecniche. “E non hai ancora visto niente”.









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