Ascoltare se stessi

Ascoltare se stessi - Il Silenzio e le sue proprietà.

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Talvolta è indispensabile fare una “riunione di condominio” dentro di noi. Mi piace definirla con questa immagine, perché la ritengo evocativa, semplice, funzionale. Ascoltare se stessi può sembrare facile, ma non lo è per niente. Lascia che ti faccia una domanda: quanto tempo passi in silenzio in una giornata?

E intendo: senza smartphone acceso, televisione, figli che ti chiamano, notifiche di mail e impegni lavorativi. Quanti minuti?


Ho sempre ritenuto saggio il pensiero per cui abbiamo due orecchie e una bocca sola perché ascoltare è più importante. Ed ascoltare gli altri è l’unica via per riuscire ad avere empatia e interpretare correttamente le situazioni, con un calcolo oggettivo delle possibilità di intervento sul reale. Tuttavia non disponiamo di organi da rivolgere al nostro interno e non sono voci e parole quelle che dovremmo imparare a interpretare.


Procurarsi dei momenti di silenzio è importantissimo a livello fisico e mentale, ti dimostro subito il perchè attraverso le ricerche di alcuni scienziati, che ho avuto il piacere di approfondire grazie ad  “Icons”, la prima conferenza internazionale sul silenzio organizzata dalla Fondazione Patrizio Paoletti, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma e l’Haifa University di Israele.


Imke Kirste della Duke University, in una ricerca del 2013, ha dimostrato come due ore di silenzio al giorno riescano a sollecitare lo sviluppo cellulare nell'ippocampo, la regione del cervello collegata alla formazione della memoria. Un fatto sorprendente, che potrebbe aprire nuove porte alle modalità di trattamento dei pazienti che soffrono di malattie collegate alla regressione cellulare come la depressione o la demenza.


Adam W. Hanley, ricercatore presso l’Università dello Utah, ha presentato tre studi sperimentali che hanno indagato sugli effetti della meditazione su corpo e mente, appurando maggiore sollievo dal dolore e riduzione dell’ansia e del desiderio di farmaci antidolorifici nei gruppi di persone abituati a praticarla.


Un altro aspetto interessante lo ha messo recentemente in luce Olga Capirci, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr, che sostiene che l’assenza di suono sia uno stato capace di mettere le persone in condizione di essere più empatiche. Le persone sorde, infatti, riuscirebbero ad elaborare in maniera più profonda le emozioni degli altri grazie ad una analisi attenta delle espressioni facciali e degli atteggiamenti, nonostante l’assenza di parole.


È assolutamente importante ritagliarci dei momenti di silenzio, per liberare la mente, aprirsi alla creatività e alle interpretazioni differenti dell’attuale, ascoltando la nostra voce interiore.


Ognuno di noi ha molte sfaccettature, aspetti caratteriali che possiamo rappresentare come forze vettoriali. La loro somma è la nostra vita quotidiana, il modo in cui la affrontiamo. Ci sono periodi in cui prevale la negatività ed anche tutti gli sforzi fatti per raggiungere un obiettivo risultano vani.

Un esempio? Ogni volta che hai praticato una dieta senza successo. Lo sapevi che solo l’8% delle persone che si iscrivono in palestra a gennaio riescono a frequentare per più di due mesi? 


Esatto, siamo in “buona compagnia”. Un rassegnazione che però ci va stretta. È necessario ascoltare tutte le nostre specificità, senza rimanere schiacciati da chi ci mette all’angolo davanti ai nostri fallimenti.

E il silenzio può essere nostro amico per aiutarci a cambiare il risultato dell’addizione delle forze che agiscono dentro di noi.


Già tanti anni fa ho fatto la conoscenza di una persona, che io chiamo GB. Una sigla che non vuol dire Gran Bretagna o Gigabyte, ma “Grande Bastardo”. Nelle mie riunioni condominiali è quello che urla, sbraita, mi rinfaccia sempre la mia inefficacia, la poca efficienza e mi porta a un passo dal dire “non ce la posso fare”. Fortunatamente ho imparato a conoscerlo e a capire le sue intenzioni.

Dietro una brontolata c’è sempre un secondo intento, spesso positivo.


Una volta, ero piccolo, avrò avuto circa sette anni, uscendo dalla macchina mia madre mi chiuse per sbaglio la mano nella portiera. Urlai a squarciagola per il dolore, mia madre, guardò la mia mano e poi… mi diede un sonoro schiaffo. Mi sono interrogato per anni sul perché mi avesse colpito quando avevo bisogno della sua comprensione, del suo affetto e del suo abbraccio.

Un giorno ho capito: dietro quel gesto c’era tutto il bisogno di scaricare la sua preoccupazione e la voglia di dirmi che non doveva ricapitare mai più, perché teneva tantissimo a me.


Ed ecco che anche la mia voce interiore che si dimena per ridurmi a una nullità, forse vuole solo spronarmi. Perché in fondo sa che posso fare di più, o meglio.

È molto utile scegliere quando e come ascoltarla, esercitare la selettività dell’attenzione (ti ricordi?) e fare tesoro degli stimoli positivi che ne possono derivare.


Se hai letto fino a qui ti meriti decisamente un premio. Ed ecco per te una poesia della magnifica Alda Merini, si intitola “Ho bisogno di silenzio”



Ho bisogno di silenzio

come te che leggi col pensiero

non ad alta voce

il suono della mia stessa voce

adesso sarebbe rumore

non parole ma solo rumore fastidioso

che mi distrae dal pensare.


Ho bisogno di silenzio

esco e per strada le solite persone

che conoscono la mia parlantina

disorientate dal mio rapido buongiorno

chissà, forse pensano che ho fretta.


Invece ho solo bisogno di silenzio

tanto ho parlato, troppo

è arrivato il tempo di tacere

di raccogliere i pensieri

allegri, tristi, dolci, amari,

ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.


Gli amici veri, pochi, uno?

sanno ascoltare anche il silenzio,

sanno aspettare, capire.


Chi di parole da me ne ha avute tante

e non ne vuole più,

ha bisogno, come me, di silenzio.









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