Resilienza

Cominciamo a considerare i problemi come molle, partiamo dalla nostra resilienza

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Ne avrai sentito parlare, della resilienza, e magari ti sarai chiesto cos’è. È una qualità molto importante, da padroneggiare e allenare costantemente, perché nel tempo ti renderà capace di superare le difficoltà.


Resilienza, etimologia

La parola “resilienza” (re-si-lièn-za) deriva dal latino “resilire”, che significa rimbalzare, saltare indietro. Originalmente questo termine veniva impiegato soprattutto in campo metallurgico, per indicare la capacità di alcuni materiali di conservare la propria struttura, riacquistando la forma originaria dopo essere stati sottoposti a deformazione.


Un termine così “indistruttibile” ha fatto giustamente breccia, andandosi ad applicare all’uomo e alle sue capacità. È stato lo psicologo Boris Cyrulnik a sfruttare la parola “resilienza” per descrivere i bambini che dopo aver subito traumi violentissimi (come essere reclusi nei lager o essere stati mutilati) riescono a vivere da adulti una esistenza non necessariamente condizionata dal passato.

Le sue conclusioni sostengono che i bambini fino ai 6 anni abbiano una capacità maggiore nel trovare le energie psicologiche per affrontare un trauma e rispondere positivamente.


Resilienza, cos’è

Mi piace scrivere di resilienza come una molla, perché credo che ognuno di noi davanti a forti difficoltà possa reagire proprio come le molle. In un primo momento sopportando lo stress, per poi sprigionare tutta la forza necessaria a reagire, per ritrovare il proprio status iniziale.

La resilienza è proprio questo: il processo di adattamento alle avversità, riuscendo a dare un senso differente alla propria vita e superando il dolore.


Una persona resiliente è un individuo che riesce a gestire le difficoltà della propria vita, cambiando punto di vista e creando un nuovo ambiente positivo. In questo sta la differenza con la parola “resistenza”, nell’andare oltre all’assorbire i colpi costruendo un ambiente individuale, sociale e fisico dove vivere bene. 


Come allenare la resilienza

Ci sono molte persone davanti alle quali ci sentiamo infinitamente piccoli, come ad esempio Sammy Basso, o un qualsiasi bambino che affronta un male davvero grave con tutta l’energia vitale possibile. Come fanno a vivere così, ad affrontare la loro situazione con il sorriso? Ho provato questa sensazione, ad esempio, guardando il film di Paolo Ruffini (“Resilienza”, appunto). Proprio all’inizio la dott.ssa Francesca Naselli, psicologa dell’Ospedale Gaslini di Genova, amplia la definizione di “resilienza” dicendo: “(…) io imparo a vedere quello che sta accadendo da altri punti di vista e questo cambiamento mi mette in un’ottica in cui evolvo, cresco, affrontando in maniera positiva gli eventi avversi”.


Eppure c’è una cosa che considero vera: le tue difficoltà sono diverse dalle mie e probabilmente entrambi affrontiamo problemi differenti e forse meno complessi di quelli citati qui sopra. Ma ognuno di noi vive ogni problematica con forte intensità, sarebbe sbagliato sminuire i problemi, pur vivendo nella consapevolezza che ne esistono anche di più grandi.


E c’è solo una cosa possibile da fare, subito dopo essersi detti “perchè proprio a me?” ed è accettare il cambiamento. Pensare a noi stessi come una molla, schiacciati dal peso, ma pronti a respingere l’energia negativa. La resilienza è per davvero una dote che abbiamo tutti, fin dall’inizio, e che dobbiamo coltivare, una qualità o condizione che riusciamo a sviluppare nei momenti più difficili. Sammy Basso. Ale. Tu. Io.


Accettare il cambiamento significa anche prendere consapevolezza della propria vulnerabilità. Tutti noi siamo vulnerabili e una cosa che può davvero aiutarci sono i legami di qualità, costruiti con persone che ci fanno stare bene, sorridere, ridere (che è davvero importantissimo e salutare). Abbiamo tutti bisogno di una “famiglia”, intesa qui in senso lato, partendo dalla sua definizione più classica fino a pensare a quell’insieme di persone che vogliamo accanto a noi. 


Il terzo passo è guardare ad obiettivi vicini, realizzabili, a portata di mano. La strada è fatta di tanti passi e pensare di conquistarne uno ad uno è positivo, riesce a portarti più avanti, con consapevolezza. E goditi il cammino, ogni singolo traguardo, per quanto piccolo, deve essere festeggiato. Vai avanti con la tua “automotivazione”, vivi la sfida e ogni singola vittoria, sentendoti sempre più pronto per la meta finale.


Quarto passaggio: accetta le tue necessità. È probabile che la nuova situazione che ti ha colto impreparato e di sorpresa abbia portato alla luce esigenze che non sapevi di avere. Coltivale, invece di reprimerle, sviluppale.









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